venerdì 8 giugno 2007

Su cortese segnalazione di un nostro utente

E’ NULLA LA CLAUSOLA, INSERITA IN UN BANDO DI CONCORSO PER ASSUNZIONI, CHE RISERVA ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE LA FACOLTA’ DI NON CHIAMARE IN SERVIZIO I VINCITORI – Perché costituisce condizione meramente potestativa (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 8951 del 16 aprile 2007, Pres. Nicastro, Rel. Picone).
Nel 1999 l’Istituto autonomo case popolari (Iacp) di Lecce ha indetto un concorso per l’assunzione di funzionari direttivi, con rapporto di lavoro annuale. Cosimo M. ha partecipato al concorso classificandosi al 1° posto della graduatoria, approvata dall’Istituto con delibera dell’agosto 1999. La sua richiesta di essere assunto è stata però respinta dall’Istituto che ha dichiarato di volersi avvalere di una clausola, contenuta nel provvedimento di approvazione delle graduatorie, secondo cui l’amministrazione si riservava di “rinviare a successivo atto ogni determinazione in ordine alla chiamata in servizio dei vincitori”. Cosimo M. ha chiesto al Tribunale di Lecce di accertare il suo diritto, nei confronti dell’Iacp, alla costituzione di un rapporto di lavoro di durata annuale e condannare l’Istituto al risarcimento del danno per la mancata assunzione. L’Iacp si è difeso sostenendo che per effetto della clausola di riserva contenuta nel provvedimento di approvazione delle graduatorie doveva ritenersi insussistente un diritto soggettivo del lavoratore all’assunzione. Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Lecce hanno ritenuta fondata la domanda proposta da Cosimo M. affermando il suo diritto al risarcimento del danno. L’Iacp ha proposto ricorso per cassazione, censurando la sentenza della Corte di Lecce per vizi di motivazione e violazione di legge.
La Suprema Corte (Sezioni Unite Civili n. 8951 del 16 aprile 2007, Pres. Nicastro, Rel. Picone) ha rigettato il ricorso. Secondo la previsione dell’art. 63 d.lgs. n. 165/2001 – ha affermato la Corte – in coerenza con la fonte contrattuale del rapporto di lavoro, risulta perfettamente configurabile il diritto soggettivo all’assunzione, e l’ipotesi va ravvisata sia nel caso di assunzioni non concorsuali, sia quando la pretesa si fondi sull’atto terminale del procedimento amministrativo, la cui conformità a legge non è contestata. La procedura concorsuale, infatti, termina con la compilazione della graduatoria finale e la sua approvazione, spettando allora alla giurisdizione ordinaria il sindacato, da esplicare con la gamma dei poteri cognitori del giudice civile, sui comportamenti successivi, riconducibili alla fase di esecuzione, in senso lato, dell’atto amministrativo presupposto. Nel caso di specie – ha osservato la Corte – l’insorgenza di una situazione di diritto soggettivo in conseguenza dell’espletamento della procedura concorsuale non è rimasta esclusa dalla clausola apposta al provvedimento di approvazione della graduatoria, con la quale l’amministrazione si riservava il potere di decidere in seguito se procedere o no all’assunzione.
Il bando di concorso per l’assunzione al lavoro è diretto a dare attuazione alla decisione (di per se non impegnativa nei confronti dei terzi) di far fronte al fabbisogno attuale di personale dipendente (con salvezza di ipotesi legislative particolari, a termini delle quali si possono bandire concorsi con riguardo a fabbisogni futuri). Il bando indica il contratto di lavoro che l’amministrazione intende concludere (in modo conforme alla delibera di indizione), nonché il tipo e le modalità della procedura, partecipando agli interessati l’intento di addivenire alle assunzioni. Pertanto – ha affermato la Corte – al bando va riconosciuta una natura giuridica duplice: di provvedimento amministrativo nella parte cui concreta un atto del procedimento di evidenza pubblica del quale regola il successivo svolgimento; ma anche di atto negoziale negli aspetti sostanziali, in quanto concreta proposta al pubblico, condizionata negli effetti all’espletamento del procedimento concorsuale e all’approvazione della graduatoria. Di conseguenza, anche l’approvazione della graduatoria presenta questa duplicità di natura giuridica: provvedimento terminale del procedimento concorsuale e atto negoziale di individuazione del futuro contraente.
Considerata come provvedimento amministrativo, deve escludersi che l’approvazione possa porsi in contraddizione con la delibera di indizione e con il bando (lex specialis del concorso), negando addirittura l’interesse pubblico primario perseguito con l’apertura del procedimento e trasformando il concorso indetto per la copertura di determinati posti, fuori dalle speciali ipotesi legislative cui si è fatto cenno, in mera verifica di idoneità professionale di personale da assumere solo in relazione a fabbisogni futuri e incerti.
Il potere di approvare la graduatoria – ha affermato la Corte – è conferito all’amministrazione dal bando esclusivamente in funzione del controllo della regolarità e della verifica dell’esito della procedura; una clausola del tipo di quella in esame, pertanto, non concreta uso illegittimo del potere, ma difetto assoluto di attribuzione, secondo la qualificazione sostanziale della figura processuale della carenza di potere accolta dal legislatore nell’attuale formulazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 21 – septies, comma 1, senza che possa venire in considerazione l’istituto della disapplicazione dei provvedimenti illegittimi ad opera del giudice ordinario (art. 63, comma 1, d.lgs. 165/2001), concernente atti amministrativi presupposti illegittimi, e perciò efficaci. Sotto il profilo della natura negoziale dell’atto con il quale la graduatoria è approvata – ha concluso la Corte – la clausola di riserva all’amministrazione della facoltà di non procedere all’assunzione va dichiarata nulla ai sensi dell’art. 1355 cod.civ. (condizione meramente potestativa) siccome subordina l’obbligo di assunzione alla mera volontà dell’amministrazione medesima.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Un enorme ringraziamento all'utente. Come mai persone così capaci, sono costrette a rimanere in orbita di parcheggio per anni, invece di avere tutelato il loro diritto a ricoprire le funzioni per cui sono preparati, competenti e legittimamente incaricati?

Anonimo ha detto...

Sicuramente è il ministro Nicolais l'unico "inutile per una Pubblica Amministrazione", anzi è inutile per L'Italia intera.