martedì 22 maggio 2007

IL GIORNALE - «Sbagliato dare aumenti a pioggia Così si mortifica chi lavora bene» di Gian Battista Bozzo - martedì 22 maggio 2007

IL GIORNALE
«Sbagliato dare aumenti a pioggia Così si mortifica chi lavora bene»
di Gian Battista Bozzo - martedì 22 maggio 2007

da Roma

«Questo contratto mi sembrava l’occasione giusta per un cambiamento, per un salto di qualità nella Pubblica amministrazione: mi sembra, invece, che siamo sempre al solito punto. Peccato». Giuseppe Morandini, vicepresidente della Confindustria e numero uno della piccola impresa, non nasconde la delusione per il negoziato old style sul rinnovo contrattuale degli statali; e ricorda che in questi anni, i contratti pubblici sono stati molto generosi, e poco riguardosi della meritocrazia.
Che impressione ha, dottor Morandini, di fronte a questa trattativa quantomeno insolita fra governo e sindacati?
«Sinceramente, mi aspettavo che questo rinnovo contrattuale potesse rappresentare l’occasione giusta per un rinnovamento della Pubblica amministrazione, per un salto di qualità nella macchina dello Stato. Invece, nulla cambia rispetto al passato: si indicono gli scioperi, poi si fanno gli accordi in una singolare inversione dei termini di un corretto confronto fra parti. I sindacati dicono: prima i soldi, poi vedremo i contenuti. Invece, ci vogliono criteri che giustifichino la corresponsione di cifre tutt’altro che trascurabili».
Più di 100 euro in media.
«E si tratta, tra l’altro, di aumenti concessi a pioggia, senza alcun criterio di meritocrazia, a mortificazione di quei tanti che lavorano bene nella Pubblica amministrazione. Ci sono tanti che lavorano bene nel pubblico: penso, ad esempio, ad alcuni sportelli unici per l’impresa davvero straordinari, che funzionano benissimo. Perché questi meriti non vengono premiati? Dando la stessa cifra a tutti, si mortifica chi vuole lavorare bene. Da questo appiattimento si sarebbe potuto uscire intervenendo sulla dirigenza pubblica, consentendo cioè ai dirigenti di premiare chi è più motivato, come accade nel privato. Se non accade questo, ci ritroveremo fra due, tre, dieci anni a dire le stesse cose in un’altra intervista».
Molti ritengono troppo elevato l’aumento proposto, a cui vanno aggiunti trascinamenti di ogni tipo. La vicinanza delle elezioni ha fatto allargare i cordoni della borsa?
«Io guardo alle dinamiche, e la dinamica degli incrementi contrattuali nel pubblico impiego è molto più elevata rispetto al settore privato. Noi abbiamo scelto di premiare chi lavora meglio; il settore pubblico si muove nella logica opposta. Aggiungo soltanto che proprio la vicinanza delle elezioni, a mio avviso, impedisce di ragionare di meriti nella Pubblica amministrazione».
Non si capisce ancora bene se parte del «tesoretto» dovrà essere utilizzata per gli statali. Non sarebbe stato meglio indirizzare le risorse verso un obiettivo unico e riconoscibile, come la riduzione del debito?
«Assolutamente sì, e lo abbiamo detto più volte. La priorità per il Paese è il risanamento della finanza pubblica, e la sola alternativa è di ridare qualcosa a chi ha permesso il rilancio dell’economia: i lavoratori e le imprese. Le aziende alle prese con i bilanci sanno perfettamente quanto sta incidendo la fiscalità rispetto all’anno precedente: stiamo pagando molto di più, e pagano quelli che lo facevano già in precedenza. Non vedo in giro molti elenchi di evasori totali pizzicati dall’amministrazione finanziaria».
È aperta anche la partita delle pensioni: con quali esiti, a suo giudizio?
«Aspetto i risultati del tavolo di concertazione, ma intanto ricordo che la legge Maroni è in vigore e che prevede risparmi consistenti di spesa. La nostra posizione è chiara: comandano i numeri, scalone o scalini non importa purché le cifre restino inalterate».
Mancano poche ore all’assemblea di Confindustria: si attende un richiamo del presidente Montezemolo alla politica per un atteggiamento diverso nei confronti delle imprese?
«I messaggi forti vanno bene, ma voglio capire come vengono poi tradotti in realtà. Sono molto amareggiato perché sento parlare molto di piccola impresa, e poi non vedo alcuna misura concreta».

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